Niente, ho una fantasia tremenda con i titoli.
Allora, oggi vi sottopongo un piccolo spunto di riflessione: come vi comportate, voi, con gli effetti che l'antropizzazione ha sugli animali.
Spiega da dove viene la mia riflessione: quando ho fatto l'analisi generica dei Gyps, o anche quando ho analizzato il capovaccaio e dato uno sguardo agli altri Aegypiinae, mi sono imbattuta in una particolarità.
Allora, gli avvoltoi in genere sono tostissimi. Riescono a digerire roba ritenuta (a buon diritto XD) immangiabile, carcasse lasciate al sole, ossa (!), hanno uno stomaco che uccide, letteralmente, e la loro temperatura corporea è parecchio elevata. Insomma, le malattie arrivano nel loro stomaco e lì...ci lasciano la pelle.
Tuttavia, e c'è un ma, in India e in altre zone del Vecchio Mondo si sta utilizzando/si utilizzato in passato sul bestiame un farmaco antinfiammatorio, il famigerato Diclofenac.
Utilissimo, per carità, ma, ed ecco un altro ma, quando le simpatiche bestioline muoiono, arrivano i nostri cari avvoltoi e se le pappano.
Peccato che i principi attivi rimangano nella carne. Questo farmaco è mortale per loro. Arrivano a sviluppare in brevissimo tempo (con dosi bassissime) una malattia che porta ad una sorta di cristallizzazione degli organi. In India stanno avendo problemi immensi per via della quasi estinzione degli avvoltoi.
Ora, come vi comportate quando vi capitano informazioni del genere?
In questo caso, ho deciso di ignorare la cosa. La fisiologia generale dell'avvoltoio gli permette di digerire e distruggere robaccia impensabile, cerchiamo di prendere l'animale in sè e per sè. Una sensibilità del genere prescinde lo "stato naturale" delle cose, e questo va per tutte le situazioni in cui animali stanno estinguendosi per via dell'inquinamento, eccezion fatta per tipetti come l'axolotl (che, come notabile esempio di neotenia, hanno bisogno, in stato anche naturale, di una minima sollecitazione per mutare).
Diversa, invece, è la mia interpretazione quando si tratta di un animale, come ad esempio le volpi o i procioni (ma anche gli stessi avvoltoi!!!) che riesce ad adattarsi parzialmente all'attività umana e ricavarne vantaggio.
Si deduce quindi un elevato spirito di adattamento e opportunismo, e quindi cerco di regolarmi di conseguenza quando penso all'animale nel complesso, e cerco di ricavarne un'idea generale.
Oppure, l'interpretazione muta quando, ad esempio, l'animale viene costretto (come il panda) in territori più piccoli della norma, con un generale disequilibrio della specie. E' qualcosa di cui si deve tenere conto.
Voi come vi comportate, invece?
Influenza dell'antropizzazione sulle analisi.
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Re: Influenza dell'antropizzazione sulle analisi.
Gli Analisti sono pregati di contribuire qui: il tema merita un'occhiata più da vicino.
Il mio modesto punto di vista è il seguente. L'intervento umano è rilevante ai fini dell'analisi se, in alternativa o in cumulo: produce mutazioni genetiche della specie; cagiona adattamenti comportamentali destinati a stabilizzarsi e a trasmettersi alla discendenza; trasforma l'habitat e conseguentemente altera i processi riproduttivi, migratori e simili. Insomma, deve trattarsi di interventi dagli effetti significativi e durevoli.
Il mio modesto punto di vista è il seguente. L'intervento umano è rilevante ai fini dell'analisi se, in alternativa o in cumulo: produce mutazioni genetiche della specie; cagiona adattamenti comportamentali destinati a stabilizzarsi e a trasmettersi alla discendenza; trasforma l'habitat e conseguentemente altera i processi riproduttivi, migratori e simili. Insomma, deve trattarsi di interventi dagli effetti significativi e durevoli.
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Re: Influenza dell'antropizzazione sulle analisi.
Nessuno si è mai filato questa argomentazioni. ç_ç
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Re: Influenza dell'antropizzazione sulle analisi.
Povera Imma ç__ç
Ma in effetti, è uno spunto di riflessione. Mi vengono in mente i ratti, che col tempo sviluppano un'immunità quasi a qualsiasi veleno o pesticida, motivo per cui è difficilissimo tenerne a bada il numero. Ma questo dipende dall'altissimo tasso riproduttivo di questi animali, cosa che gli avvoltoi non posseggono: per questo soffrono di questi cambiamenti "innaturali". Francamente tenderei ad ignorare questo dettaglio, perchè si tratta di errori umani che niente hanno a che fare con l'adattamento della specie. In questo caso almeno, non è altro che elemento distruttivo che può portare all'estinzione della specie. Ci sarà sempre e comunque qualcosa a cui un animale selvatico non potrà mai adattarsi, specie se c'è di mezzo l'uomo e la suddetta specie è un predatore all'apice della catena alimentare (ovvero i meno adattabili e più soggetti a soffrire di questi problemi), quindi tanto vale non considerarlo al fine dell'analisi.
Ma in effetti, è uno spunto di riflessione. Mi vengono in mente i ratti, che col tempo sviluppano un'immunità quasi a qualsiasi veleno o pesticida, motivo per cui è difficilissimo tenerne a bada il numero. Ma questo dipende dall'altissimo tasso riproduttivo di questi animali, cosa che gli avvoltoi non posseggono: per questo soffrono di questi cambiamenti "innaturali". Francamente tenderei ad ignorare questo dettaglio, perchè si tratta di errori umani che niente hanno a che fare con l'adattamento della specie. In questo caso almeno, non è altro che elemento distruttivo che può portare all'estinzione della specie. Ci sarà sempre e comunque qualcosa a cui un animale selvatico non potrà mai adattarsi, specie se c'è di mezzo l'uomo e la suddetta specie è un predatore all'apice della catena alimentare (ovvero i meno adattabili e più soggetti a soffrire di questi problemi), quindi tanto vale non considerarlo al fine dell'analisi.
Nulla è reale,
tutto è lecito.
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Re: Influenza dell'antropizzazione sulle analisi.
Ma tipo nessuno commenta qui?
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