Fondamenti del Daimonismo (seconda edizione)

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Claudio-Olyandra
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Fondamenti del Daimonismo (seconda edizione)

Messaggio da Claudio-Olyandra » gio 03/nov/2011 22:15:28

Nozioni introduttive
Il Daimonismo (o Daemianismo) è un movimento filosofico, sorto negli USA nel 2003, incentrato sull'introspezione e la conoscenza di sé tramite la comunicazione interiore con il proprio daimon. Non costituisce una fede religiosa né una credenza spiritistica e non comprende pratiche di iniziazione né rituali, culti o cerimonie collettive, in quanto il rapporto col proprio daimon è un'esperienza rigorosamente individuale. La speculazione ed il confronto cogli altri membri del movimento, chiamati daemian (pron. lat.: dèmian; pron. ingl.: dìmian), servono unicamente ad agevolare l'attività introspettiva, che ciascuno compie tuttavia con modalità proprie. Peraltro, il daimon è un'entità interna al daemian, il che vale a distinguere il movimento dalle credenze totemiche o relative all'angelo custode.



Il daimon
Il significato etimologico di "daimon" (termine coniato dalla filosofia socratica e platonica) è "colui che partecipa del divino", ma risulta senz'altro fuorviante in riferimento al ''daimon'' sul quale si fonda il Daemianismo. All'interno del movimento vi sono due grandi orientamenti di pensiero, convenzionalmente definiti "vecchia scuola" e "nuova scuola".


Vecchia scuola
La vecchia scuola ritiene che il daimon sia l'anima dell'uomo (tesi metafisica) o, quantomeno, una componente difficilmente accessibile della psiche umana (tesi materialistica), paragonabile, grosso modo e non senza imprecisioni concettuali, alla parte eticizzante che Sigmund Freud individua come Super-Io nella sua suddivisione della mente umana. Quale delle due tesi si scelga, è carattere determinante della vecchia scuola il considerare il daimon quale elemento essenziale e inscindibile affinché l'homo sapiens sapiens (in sé e per sé un animale al pari di molti altri, seppure complesso) assuma l'autocoscienza, la ragione, il sentimento e tutte le abilità intellettive ed emotive che ne derivano. Detto in altri termini, la vecchia scuola sostiene che l'umanità della persona dipenda dalla presenza del daimon o, meglio, dalla costante interazione fra l'uomo ed il daimon. In tal senso si afferma che uomo e daimon sono "coessenziali", cioè la natura dell'uno è condizionata dalla compresenza dell'altro. D'altro canto non è esatto attribuire al daimon le facoltà tipicamente umane, riducendo l'uomo alla dimensione del corpo, poiché entrambi i soggetti hanno una propria autocoscienza e sono portatori di pensieri propri.

L'unità nella diversità è dunque il pilastro sul quale si regge l'approccio della vecchia scuola. Secondo un'ambiziosa teoria, il daimon sarebbe la fonte della libertà, come principio spirituale e fine ultimo dal quale discende il senso ed il motore di ogni azione umana: l'uomo, pertanto, sarebbe capace di scelte ulteriori rispetto a quelle meramente istintive proprio grazie al daimon, che, dando un "senso esistenziale alla vita", si porrebbe come presupposto di ogni valutazione e volizione non comandata dal bisogno, ma rispondente a meccanismi più sofisticati (ai quali comunemente si associa la libertà), come il desiderio, l'aspirazione e la ricerca della felicità e dell'armonia psicofisica. La scelta intrapresa è dunque frutto di una decisione dell'uomo, ma tale decisione è possibile solo in virtù del daimon.
Sulla natura del legame tra uomo e daimon non sono state finora formulate tesi apprezzabili, tuttavia è opinione dominante, se non unanime, che la rottura di questo legame (che prende il nome tecnico di "intercisione"), ammesso e non concesso che sia possibile, costituirebbe un'inaudita ed irreparabile violenza contro natura, che ridurrebbe l'uomo ad una bestia equiparabile agli altri primati ed il daimon ad un volere incorporeo ed inoperante, perché inidoneo ad interferire col mondo fisico. Taluni distinguono tra "intercisione strutturale" (più grave, che spezza il legame, separando le due entità) ed "intercisione funzionale" (meno grave, che semplicemente impedisce l'interazione fra uomo e daimon), nondimeno si tratta di speculazioni pionieristiche non ancora suffragate dal consenso delle comunità, il quale, come si vedrà appresso, è il criterio di fissazione dei pilastri del Daimonismo, combinato naturalmente con la logica.

Le implicazioni di questo pensiero sono numerose. La prima è che uomo e daimon si collocano su un piano assolutamente paritario; inoltre, sono capaci di pensiero autonomo, ma allo stesso tempo non possono prescindere l'uno dall'altro. Ancora, il daimon di vecchia scuola ha un rilievo esistenziale molto forte, tant'è che costituisce una vera e propria guida dell'uomo nel corso della sua vita. Di ciò si darà conto nel seguito.


Nuova scuola e tendenze improprie
La nuova scuola è la seconda grande partizione di pensiero nel movimento filosofico. Se in origine i daemian che si approcciavano al proprio daimon secondo questa concezione erano una sparuta minoranza, oggi invece costituiscono una componente degna di rilievo: sono tutt'oggi quasi assenti nella comunità italiana, mentre hanno attecchito in quella statunitense (vedi infra per le comunità nazionali). I daemian di nuova scuola considerano il daimon come un prodotto, un artificio, della mente, che assolve a determinate funzioni. Quest'impostazione scardina la coessenzialità e la parità ontologica fra uomo e daimon, perché il secondo è creato dal primo, il quale, volendo, potrebbe pure farne a meno. Tale "creazione" del daimon serve come contraltare dialettico col quale confrontarsi e mettere in discussione se stessi, senza però che egli (il daimon non è mai una cosa, qualunque sia la scuola cui si aderisce) abbia una propria individualità: si riduce ad una sorta di personificazione di alcuni tratti caratteriali, scelti dall'uomo a sua discrezione. I concetti di "specularità" (ciascun uomo è speculare del proprio daimon e viceversa), di "intercisione" e di "forma del daimon" (vedi sotto), significativi per la vecchia scuola, non possono essere agevolmente esportati nella nuova.

Va infine segnalata la disdicevole tendenza di alcuni daemian ad equiparare il daimon all'amico immaginario d'infanzia oppure all'headmate' (vedi appresso), ma ciò, lungi dal costituire una terza scuola, semplicemente si colloca al di fuori del Daemianismo, mancandone gli elementi minimi e risultando la natura del daimon profondamente sovvertita.



Contatti introspettivi uomo-daimon
Nel Daimonismo di ambedue le scuole esistono tre tipi di contatto introspettivo che l'uomo può instaurare col daimon. Ciò non avviene - come già accennato - per mezzo di riti, amuleti o pratiche occultistiche, ma semplicemente mediante un'indagine che l'uomo compie su se stesso, in cerca della sua autentica personalità, spogliata dei condizionamenti sociali che l'ambiente di vita impone e delle censure psicologiche che talvolta si innescano nell'intimo dell'individuo. L'introspezione è un sincero, quanto naturale, diretto e profondo interrogarsi sulla propria natura, sul proprio carattere effettivo, guardato al di là di ogni mistificazione. L'introspezione giova perciò a scavalcare quelle barriere che nel quotidiano valutare i propri pensieri e le proprie azioni generalmente non si valicano. Ciò vale per tutti e tre i tipi di contatto: dialogo, visualizzazione e proiezione. Gli ultimi due possono complessivamente designarsi come "visione".


Il dialogo
Questo è il contatto più comune e generalmente viene tentato per primo dai nuovi daemian (novizi): mancando prove sperimentali (ma esistono testimonianze e speculazioni razionali) dell'esistenza dei daimon, ciò che spinge una persona, inizialmente scettica, ad aderire a questa filosofia è proprio il dialogo col proprio speculare. Per dialogare col proprio daimon (è impossibile farlo col daimon altrui) occorre un luogo abbastanza tranquillo (onde evitare rumori molesti ed altre distrazioni) ed un minimo di fiducia (è evidente che chi tenta il dialogo, prendendosi al contempo in giro per l'assurdità che sta compiendo, non potrà approdare a nulla). La prima cosa è sgombrare la mente da pensieri ed emozioni, soprattutto ansie e preoccupazioni: questi affanni impediscono infatti una corretta introspezione. Successivamente, si rivolge una domanda (o, più comunemente, un banale "ciao") a se stessi, aspettando pazientemente una risposta. Possono essere necessari svariati tentativi.

Fatto sta che tutti i daemian alla fine testimoniano di aver percepito una debole vocina nella testa, di qualità diversa dalla propria, come se quel pensiero e quelle parole non fossero frutto della propria mente. Pian piano, procedendo per gradi e senza fretta, essi imparano a distinguere la propria voce da quella del daimon, sempre a livello di pensiero, e riescono ad impostare una vera e propria conversazione. Il beneficio che si trae da questa conversazione non è certo quello di accumulare nuove nozioni od esperienze: il daimon, essendo speculare e coessenziale all'uomo, non sa più cose di quante ne sappia lui, però le conosce in modo più profondo e genuino. L'uomo, infatti, durante la propria crescita, entra in contatto con la cultura e le convenzioni sociali, latamente intese, che possono facilmente portare ad una mistificazione della propria identità, nel senso che la persona indossa inconsciamente una maschera che distorce la percezione dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti effettivi, adattandoli a ciò che l'ambiente di vita esige.

I daemian che dialogano frequentemente col proprio daimon affermano di sentirsi più liberi, di conoscersi più accuratamente e di aver preso atto di problemi interiori che non reputavano esistenti. Ciò è possibile perché il daimon, essendo un principio puramente spirituale (vecchia scuola - tesi metafisica) ovvero una parte profonda della psiche (vecchia scuola - tesi materialistica), o, ancora, un artificio della mente (nuova scuola), non è soggetto alle lenti deformanti ed è perciò in grado di guidare l'uomo al di là degli autoinganni, sempre che quest'ultimo collabori. Il daimon non è affatto un salvatore che giunge dall'alto a sbloccare l'uomo dai suoi condizionamenti psicologici: solo la piena e sincera sinergia fra uomo e daimon può produrre qualcosa di positivo. Durante il dialogo può capitare di interloquire con un ente che si spaccia per daimon senza esserlo (cosiddetto "ente pseudodaimoniano"), ad esempio un headmate (compagno mentale). Gli enti pseudodaimoniani sono personificazioni di paure, desideri o interessi rilevanti per l'uomo (talvolta anche manifestazioni della sua creatività), ma non hanno nulla a che fare col daimon e solitamente svaniscono non appena la paura, il desiderio o l'interesse sottostanti sono stati affrontati, soddisfatti o scoperti. In linea di massima, un daemian abbastanza esperto non incontra difficoltà nello smascherare l'impostura.


La visione e la forma del daimon
Malgrado il daimon sia incorporeo, l'uomo può "vederlo", prevalentemente sotto forma di animale. Tale forma è nettamente predominante perché consente una più rigorosa identificazione del carattere della persona, ma non mancano daemian capaci di "vedere" il proprio daimon in forma mitologica o, addiritturè inutile profonderdi in spiegazioni ed altri template che avrebbero in sostanza a, umana, benché la comunità sia solitamente cauta nel dar credito a queste asserzioni, che potrebbero essere frutto di una fantasia troppo fervida. Non si tratta ovviamente di una visione fisica, come se il daimon fosse materialmente presente nelle vicinanze, ma di un artificio della mente mediante il quale egli assume una forma intellegibile ben precisa. Si parla di "visualizzazione" quando la sagoma del daimon è percepita ad occhi chiusi, su sfondo nero; si predilige invece il termine "proiezione" quando l'effigie del daimon si sovrappone, come una specie di patina diafana, alle immagini percepite dall'occhio. Nonostante le due esperienze "visive" siano distinte, è alquanto diffusa, specie nella comunità italiana, la prassi impropria di usare il termine "visualizzazione" (in luogo di quello corretto di "visione") per designare indifferentemente sia la visualizzazione vera e propria sia la proiezione. Queste pratiche sono notevolmente difficili e non tutti i daemian sono in grado di padroneggiarle: occorrono elasticità mentale ed immaginazione visiva, oltre che una discreta conoscenza di se stessi e del comportamento tipico dell'animale del quale il daimon ha assunto la forma. Alcuni daemian (principalmente disegnatori, scrittori e poeti) riescono addirittura a vedere il daimon in movimento, altri invece non sono neppure capaci di scorgerne il profilo.

La forma del daimon esprime simbolicamente la personalità dell'uomo: a ciascuna specie animale corrisponde un preciso carattere e viceversa. Questo non significa, naturalmente, che i daimon siano animali. Gli analisti, cioè daemian appassionati di zoologia ed etologia, col dovuto esercizio riescono a compiere queste associazioni fra caratteri e forme. In particolare, l'analisi diretta deduce il carattere dalla forma (per es., un daimon in forma di gatto esprime una natura solitaria, indipendente, emotivamente fredda etc.), mentre l'analisi inversa tenta di indurre la forma dal carattere (ad es., che forma avrà il daimon di una persona solitaria, indipendente, emotivamente fredda etc.?). Per raccogliere le informazioni utili ai fini dell'analisi inversa, è consuetudine sottoporre all'interessato un preciso questionario, al quale bisogna rispondere, per ottenere risultati soddisfacenti, in modo quanto più possibile esauriente. Questo lavoro è assai prezioso, però ciascuno resta il vero analista di se stesso: anche con una grande buona volontà, è possibile che alcune risposte non siano del tutto sincere e, in ogni caso, nessuno può pretendere di conoscere una persona più di quanto questa conosca se stessa. Le analisi, dunque, sono meramente orientative.

Il daimon ha comunemente sesso opposto rispetto a quello dell'uomo (ma non sono infrequenti le eccezioni) e, a tal proposito, va divelto il pregiudizio che l'uguaglianza di genere sia indice di omosessualità: il sesso del daimon non è altro che una componente della forma che fornisce dati aggiuntivi sul carattere dell'uomo (ad es., il pavone maschio è esibizionista, quello femmina schivo). La forma del daimon è notoriamente variabile durante la crescita (ciò esprime la mutevolezza del carattere del bambino e dell'adolescente), per poi stabilizzarsi con la maturità, quando il carattere ha assunto una propria fisionomia definita. Per quanto sia allettante pensarlo, la stabilizzazione non presenta alcun legame con la pubertà, d'altronde sarebbe assai eccentrico sostenere che le fattezze caratteriali di un dodicenne rimarranno identiche a trenta o quarant'anni. Una forma stabile può mutare in caso di eventi traumatici od altri profondi sconvolgimenti, non necessariamente negativi, e sono frequenti le false stabilizzazioni: un daemian crede che il suo daimon si sia stabilizzato (lo visualizza/proietta sempre in quella forma), per poi scoprire di essersi sbagliato. Di norma, si richiede una costanza di forma di almeno un mese ininterrotto, prima di ventilare l'ipotesi della forma fissa.



Organizzazione del movimento filosofico
L'organizzazione dei daemian nel mondo si articola secondo due direttrici principali.
La prima è che il Daemianismo non è retto da una cerchia di "sapienti", muniti di autorità e carisma sugli altri membri: la distinzione fra "veterani" e "novizi" è puramente convenzionale (e sta, tra l'altro, cadendo in desuetudine) e non comporta privilegi dei primi rispetto ai secondi. Un assetto gerarchico non solo comprimerebbe il dibattito, che è, e deve restare, paritario e democratico, guidato unicamente dalla ragione e dalla persuasività delle argomentazioni, ma sarebbe radicalmente in contrasto con la natura stessa del movimento: posto che ogni uomo è unico ed irripetibile e dispone di un daimon altrettanto unico ed irripetibile, nessuno può arrogarsi il diritto di insegnare agli altri la via esatta dell'introspezione. Chiarito che esistono delle premesse filosofiche fondamentali (distinte per le due scuole) e dei metodi largamente collaudati (i tre contatti introspettivi), ciascuno li mette in pratica a modo proprio, secondo le sue peculiari capacità, preferenze ed esigenze.

La seconda è che il Daimonismo è articolato in comunità nazionali, ciascuna delle quali fa capo ad un forum e ad un sito ufficiali. Il forum è l'ambiente ideale per le discettazioni, mentre il sito costituisce una sorta di bacheca contenente i frutti delle più alte speculazioni, oltreché le premesse filosofiche ed i metodi introspettivi dianzi trattati. Il dibattito è soggetto alla regola dell'autorevolezza, mai a quella dell'autorità: prevalgono le tesi che risultano essere le più convincenti, anche alla luce dei riferimenti storici e filosofici a movimenti che presentano analogie col Daimonismo. La corroborazione di una tesi da parte della maggioranza dei daemian, secondo criteri di validità logica ed argomentativa, arricchisce (o modifica, o sopprime) i preesistenti pilastri del movimento, costituiti da quelle tesi che, in passato, hanno conseguito un sostegno generalizzato. Taluni pilastri (ad es. considerare il daimon come anima, o parte della psiche, o artificio della mente, e non altrimenti) sono condivisi da tutte le comunità; invece, altri (ad es. considerare il daimon come fonte della libertà umana) sono espressione del pensiero prevalente in una data comunità (nell'esempio citato, quella italiana).



Analogie e richiami
Si sostiene che i primi frammenti che fanno riferimento all'idea di daimon risalgano ad ancor prima della filosofia di Talete, quando la cultura greca era impregnata di una visione cosmologica che portava il “sapiente” a specchiarsi in se stesso. Come scrive Vegetti in un trattato sull'anima nella grecità: "La mia stessa anima, ciò che in me rappresenta il me stesso, in quanto dàimon, pur essendo in me mi trascende e la sua funzione è di liberarmi dalla mia peculiarità integrandomi nell'ordine cosmico."

Il Daemianismo presenta inoltre affinità (se non altro per l'oggetto di studio) con la filosofia socratica riportataci da Platone nell'Apologia di Socrate, nella quale opera vengono esposti i principi fondamentali della concezione di Daemianismo, secondo la sua elaborazione più completa.

Successivamente Epitteto, in un frammento che ci viene riportato da Hannah Arendt afferma: "L'uomo estraniato (eremos) si trova circondato da altri con cui non può stabilire un contatto o alla cui ostilità è esposto. L'uomo solitario, invece, può essere in compagnia di se stesso, perchè gli uomini hanno la capacità di parlare con se stessi. Nella solitudine, in altre parole, sono con me stesso, e perciò due-in-uno, mentre nell'estraniazione sono effettivamente uno, abbandonato da tutti. La riflessione in senso stretto si svolge in solitudine ed è un dialogo fra me e me; ma questo dialogo del due-in-uno non perde il contatto col mondo dei miei simili, perchè essi sono rappresentati nell'IO con cui conduco il dialogo del pensiero."

Troviamo anche accenni alla duplicità dell'anima umana come base del dialogo con se stessi nella modernità di Giordano Bruno, Cartesio, ed Immanuel Kant, che nella sua Critica della Capacità di Giudizio afferma:

"La vera conoscenza ripone nell'azione reciproca di intelletto e sensibilità. [...] provo l'illuminata sete di conoscenza e la smaniosa inquietudine di avanzare in essa o anche la soddisfazione di ogni acquisizione. L'accecante pregiudizio si risolve nella molteplicità del mio essere, e questo può dar valore a tutti quanti attraverso la propria realizzazione."

Anche nella filosofia apparentemente nichilista di Friedrich Nietzsche troviamo accenni al Daemianismo nell'opera Così Parlò Zarathustra dove leggiamo:
"Attorno a me c'è sempre qualcuno di troppo. sempre uno per uno finisce per far due. Io e me siamo sempre troppo infervorati nel parlare: come si potrebbe reggere se non ci fosse un amico? Per l'eremita l'amico è sempre il terzo:
il terzo è il sughero che impedisce che il discorso tra i due sprofondi negli abissi."

"È notte: ora tutte le fontane parlano a voce più alta. anche la mia anima è una fontana. è notte: solo ora si destano tutti i canti degli amanti. E anche la mia anima è il canto di un amante. In me c'è qualcosa di inappagato, inappagabile, che vuole alzare la voce."

"Così rideva, l'incredibile; ma io non crederò mai a lei quando parla male di se stessa. E quando parlai a quattr'occhi con la mia saggezza selvaggia questa mi disse irritata: tu vuoi, tu desideri, tu ami, solo per questo lodi la vita! Ma che io voglia bene alla saggezza, e spesso anche troppo bene dipende dal fatto che mi ricorda molto la vita."

In tempi più recenti, si manifesta una concezione dualistica o comunque stratificata della mente umana con i sistemi psicologici di Freud, Jung ed Hillman, facenti riferimento al concetto di Anima/Animus, Sé e Io/Super-Io.

Infine, sono forti i richiami alla trilogia fantasy di Queste Oscure Materie (La Bussola d'Oro, La Lama Sottile, Il Cannocchiale d'Ambra), scritta da Philip Pullman: si tratta, tuttavia, di somiglianze più terminologiche che sostanziali.
Daimon uniuscuiusque humanitatis caput et fundamentum est semperque esto!

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